MILANO – Hanno venduto mutui capestro ai loro clienti. Fatto affari con stati canaglia. Aiutato gli evasori a nascondere i loro soldi. Truccato a fine di lucro il mercato valutario. Alterato artificialmente i tassi d’interesse e le quotazioni di argento, platino e palladio per gonfiare il proprio conto economico. Tutto però ha un prezzo. E così le banche mondiali hanno deciso ristabilire la propria onorabilità – messa a dura prova dalle inchieste del dopo-Lehman – mettendo da parte un tesoretto di 219 miliardi di dollari per pagare le multe legate alle loro vicissitudini giudiziarie. Una cifra superiore al Pil della Grecia, il pedaggio necessario per dare una ripulita alla propria fedina e continuare, per il momento senza ulteriori conseguenze, a macinare affari e profitti.
A fare il punto sui contenziosi del credito mondiale è stata Moody’s, ponendosi una semplice domanda: che conseguenze hanno avuto le sanzioni record affibbiate dalle autorità di sorveglianza ai big del settore nel dopo Lehman? E quali avranno quelle, altrettanto sostanziose, in arrivo? La risposta è semplice: nessuna, a meno che l’esito delle indagini penali (improbabile ma non impossibile) costringa i grandi clienti ad abbandonare le loro banche. I regolatori sono andati giù, in apparenza, con la mano pesante: Bank of America è stata costretta a pagare 16,6 miliardi di dollari per chiudere con una transazione bonaria e senza strascichi penali le sue aggressive politiche sui mutui. Jp Morgan ne ha sborsati 13. Gli effetti finanziari sui loro risultati sono stati però minimi, come una multa per divieto di sosta arrivata nella casella postale di un milionario.
I 15 maggiori istituti di credito mondiali hanno accantonato in perdita nel 2014 ben 58 miliardi per far fronte alla numerose cause aperte nei loro confronti, destinate con ogni probabilità a chiudersi con accordi extra-giudiziari per evitare gli strascichi penali. I loro bilanci si sono chiusi però con utili per complessivi 69 miliardi. Un cuscinetto di liquidità più che sufficiente a dormire sonni tranquilli “anche in vista del più che probabile arrivo di nuove sanzioni in futuro”, come prevedono gli analisti di Moody’s. I francesi di Banque National de Paris (Bnp) sono l’esempio più chiaro di questa resistenza agli choc esterni: le autorità Usa hanno patteggiato con i transalpini una multa da 9 miliardi di dollari per gli affari sottobanco con Cuba, Sudan e Iran (paesi sotto embargo) dal 2002 al 2012, cifra pagata sull’unghia lo scorso anno. Eppure i conti di Bnp si sono chiusi lo stesso in utile per 157 milioni.
I colossi del credito mondiale, insomma, sono davvero “too big to fail”. Troppo ricchi per farsi scalfire da multe che per qualsiasi altro settore o azienda – salvo forse i colossi hi-tech – sarebbero una sorta di condanna a morte. L’unico rischio reale, dice Moody’s, è che qualche causa penale si concluda con una condanna. In quel caso le gatte da pelare sarebbero di più, perché i regolamenti di molti grandi fondi e istituzioni impediscono di fare affari con realtà incappate in disavventure di questo tipo. Resta invece remota la possibilità che a qualche grande banca recidiva (quasi tutte sono state pescate con le mani nella marmellata in più d’una delle inchieste in corso) venga ritirata la licenza. L’hanno minacciato gli Stati Uniti per convincere le più riottose a firmare le transazioni. E’ stato ventilato nel luglio 2015 quando a Deutsche Bank, Ubs e Royal Bank of Scotland è stata provvisoriamente negata la possibilità di gestire fondi pensione negli Usa. Il futuro, quini è roseo, vaticina l’agenzia di rating. E il 2015, malgrado le nuove multe, si preannuncia come un nuovo anno record per i conti del credito.