Dieci risposte alle dieci domande dei risparmiatori sul tema del salva-banche. Le ha pubblicate Banca d’Italia sul suo sito. Il documento di sei pagine prova, più che altro, a far luce sulle polemiche di questi giorni, in un linguaggio che però è ultra-tecnico e che di sicuro le famiglie faticheranno a decifrare. Il testo spiega, per esempio, la gerarchia delle obbligazioni e ricorda che questa era già nota da tempo (come previsto dalla procedura fallimentare). Con l’iter scelto per le quattro banche si è applicata l’estrema ratio del bail-in per evitare il fallimento e le ripercussioni su tutto il sistema. Vuol dire che è stata scelta la strada più pesante per alleggerire gli effetti su risparmio e imprese. Nel farlo è stata applicata la direttiva europea che prevede l’azzeramento dei bond. L’escamotage ha limitato l’intervento del Fondo di risoluzione. Inoltre le obbligazioni subordinate sono state equiparate a strumenti ancora più rischiosi perché c’era bisogno di una misura ancora più drastica, visto il grave stato dei conti delle quattro banche.
Al di là del testo di Banca d’Italia, quali sono le cinque regole d’oro per le obbligazioni? La vicenda di questi giorni ha insegnato che ci sono diversi tipi di obbligazioni con livelli differenti livelli di “guai” nell’eventualità di crac. Le obbligazioni subordinate sono più a rischio perché vengono intaccate e azzerate prima dei bond senior (o ordinari). «Occorre sempre prestare attenzione al livello di garanzia del bond» spiega Claudia Segre, segretario generale Assiom Forex. E’ alla voce “livello di garanzia” o “seniority” che va cercata la parolina “subordinata” oppure quella “senior” che farà da spartiacque in caso di terremoti in banca. Attenzione però perché all’interno della categoria delle obbligazioni subordinate ve ne sono a maggiore e minore rischio.
Le obbligazioni Tier 1 sono quelle di grado più basso (junior) di subordinazione, potenzialmente le prime a subire le conseguenze di eventuali problemi della banca. Ci sono poi obbligazioni upper tier II, obbligazioni lower tier III e II, e a ciascuna corrisponde un grado di rischio. «Anche il rating è da tenere d’occhio» dice Claudia Segre. Semplificando molto, è il voto su quanto affidabile è chi ha emesso il titolo. Con la crisi dello spread abbiamo imparato a conoscere il rating e a capire che chi ha un giudizio basso sarà più traballante e quindi dovrà pagare più interessi. «Non va poi dimenticata la liquidabilità dell’obbligazione» dice l’esperta. Alcuni titoli trovano facilmente acquirenti, magari perché pagano cedole alte, al momento di vendere però non si trovano compratori e si rischia di rimanere con il cerino in mano. Anche il prezzo è importante, soprattutto se si compra sul mercato secondario. Può essere già alto e al momento del rimborso che avviene a 100, si dovrà sottrarre la quota eccedente il 100 (per esempio: se si compra a 108, arrivati alla scadenza naturale si otterrà indietro solo 100). Tra gli aspetti da considerare c’è poi la durata del titolo. «Di fatto – spiega l’esperta – più l’emissione è lunga e più è sensibile ai movimenti del mercato e alla volatilità». Occorreranno nervi ben saldi.