Il mercato del private banking dopo un buon 2015 nei primi sei mesi del 2016 sembra confermare il momento positivo secondo l’analisi di McKinsey che ha fotografato l’industria a livello europeo. Nel 2015 In Italia le masse in gestione sono cresciute del 7%, quasi interamente per effetto di nuova raccolta (circa 6%) e solo circa l’1% per effetto mercato, raggiungendo la soglia dei 540 miliardi di euro . L’Europa nel suo complesso ha mostrato un trend simile, con una crescita delle masse in gestione in linea con quella italiana (pari al 7%), ma con un peso più elevato (circa 3%) dell’effetto mercato, guidato da una componente maggiore di azionario rispetto all’Italia.
■Il 2016. Secondo le prime stime preliminari, nel primo semestre 2016 il tasso di crescita in Italia delle masse di private banking in gestione è pari a circa il 4-5%, positivo ms inferiore a quanto registrato nel 2015, anche a causa di un contesto di mercato più incerto e volatile culminato a fine giugno con il referendum sulla Brexit.
Profitti fermi. ■La crescita non deve però lasciare dedurre miglioramenti significativi in termini di profittabilità. Il margine di profitto del settore è infatti rimasto tendenzialmente stabile nel corso degli ultimi cinque anni (circa 26 punti base in Europa). In Italia, il margine di profitto del settore si è attestato nel 2015 su 31 punti base, in leggero aumento rispetto all’anno precedente (+2 punti base) ma ancora inferiore di circa il 15% ai livelli pre-crisi del 2007,
Il ruolo delle gestioni patrimoniali. Una maggiore penetrazione di gestioni patrimoniali e di fondi comuni hanno favorito un maggior margine di profitto mentre il margine di costo si è mantenuto pressoché costante.
■Mercato più difficile in prospettiva. La crescita di questi ultimi mesi non deve però far dimenticare alcune forze di mercato che in Europa stanno rendendo più difficile il contesto operativo: la regolamentazione più stringente a protezione dei clienti, il cambiamento delle aspettative e dei comportamenti dei clienti, l’avanzare della tecnologia. La velocità e la portata di questi trend sono senza dubbio difficili da prevedere, ma secondo gli esperti mettono in crisi il modello tradizionale di private banking che necessariamente cambierà di più nei prossimi tre anni di quanto sia cambiato negli ultimi dieci.
Tre priorità strategiche sulle quali investire. Per gli intermediari che non vogliono perdere quote di mercato ecco secondo Mc Kinsey le priorità sulle quali lavorare:
- Migliorare significativamentel’esperienza digitale dei clienti.
- Rivedere la struttura di pricing e i modelli di segmentazione della clientela. I clienti private, guidati anche dalla maggior trasparenza sui costi dettata dalla regolamentazione, tenderanno sempre più a polarizzarsi verso soluzioni “a basso costo” da un lato oppure “a elevata personalizzazione” dall’altro. Di conseguenza, le banche private dovranno adattare i propri modelli di segmentazione e di pricing, che oggi prendono in considerazione quasi esclusivamente il livello di ricchezza finanziaria, introducendo anche una componente comportamentale.
- Investire in una nuova generazione di talenti nel private banking. Le trasformazioni in atto nel settore potranno avere un impatto significativo anche sulle competenze necessarie per i private banker, nonché sulle strategie di recruiting e di gestione dei talenti. Tra le competenze richieste al private banker crescerà il peso della capacità di wealth management e pianificazione finanziaria rispetto alle competenze di base sui prodotti di investimento