Nel quadro di un complesso intervento di ristrutturazione dell’attività di investment banking, Credit Suisse Group ha patito il secondo scivolone trimestrale consecutivo. Nel primo trimestre 2016 l’istituto con sede a Zurigo ha registrato una perdita netta di 302 milioni di franchi svizzeri (311 milioni di dollari), a fronte di un utile di 1,05 miliardi di franchi nello stesso periodo dello scorso anno. Inoltre, il fatturato netto è sceso del 30% a 4,64 miliardi di franchi.
A causa del crollo del 60% dei ricavi netti, da un utile di 842 milioni franchi nello stesso trimestre dello scorso anno, la divisione Global Markets, l’unità di trading dimora di posizioni debitorie problematiche che hanno generato significative svalutazioni negli ultimi mesi, ha subito una perdita ante imposte di 635 milioni di franchi.
Tuttavia, il rosso della banca d’investimento era stato già anticipato dall’istituto svizzero. Viceversa, l’attività di gestione patrimoniale, sulla quale poggia il progetto di ristrutturazione, ha battuto le stime di molti analisti per il periodo.
Peraltro la pubblicazione dei risultati del Credit Suisse si presenta in un momento difficile per le banche europee in generale, e poco dopo la comunicazione di Ubs, il più grande gestore patrimoniale al mondo, di dati deludenti.
Il ceo Tidjane Thiam ha premesso che a seguito di “timidi segnali” della tanto necessaria ripresa nell’attività commerciale in marzo e aprile, “rischiano di persistere bassi livelli nel secondo trimestre del 2016 e forse oltre”.
Il trimestre è in forte contrasto con lo stesso periodo dello scorso anno, in cui una buona prestazione della banca d’investimento ha contribuito a incrementare i guadagni della banca. Gli analisti si aspettavano una perdita netta di 195 milioni di franchi e 5,27 miliardi di franchi di fatturato.
Da quando Thiam ha assunto le redini del gruppo lo scorso luglio, il titolo azionario ha ceduto quasi il 50%. L’ad si è impegnato ad affrancare il colosso bancario dalla storicamente solida banca d’affari per concentrarsi maggiormente sul business relativamente meno costoso, e tradizionalmente più affidabile, della gestione patrimoniale, con particolare focalizzazione sull’Asia e altri mercati emergenti.
Per quanto il mutamento sia stato generalmente accolto con favore dagli investitori, la sua attuazione è stata ostacolata da condizioni di volatilità del mercato. Inoltre, come anticipato dal Wall Street Journal, la confusione interna legata al cambiamento di leadership presso l’unità di investment banking ha complicato l’intervento.
Nel mese di marzo, Credit Suisse ha sorpreso investitori e analisti con la notizia secondo cui le posizioni debitorie della banca d’investimento avevano generato 633 milioni di dollari di svalutazioni nel quarto trimestre, e altri 346 milioni di dollari nel primo trimestre all’11 marzo. All’epoca, la banca aveva affermato che avrebbe tagliato ulteriormente le attività ponderate per il rischio assegnate alla banca d’affari e avrebbe tagliato altri 2.000 posti di lavoro presso l’unità.
All’inizio del mese Credit Suisse ha reso nota la cessione delle sofferenze iscritte nel bilancio della banca d’investimento, riducendo la propria esposizione al credito, ma facendo emergere una minusvalenza di circa 100 milioni di dollari. Martedì scorso ha rivelato che l’esposizione alle sofferenze è calata del 79% rispetto al precedente trimestre, mentre le obbligazioni garantite da crediti sono scese dell’81%.
Alla fine dell’anno scorso, Thiam ha richiesto l’intervento degli investitori con un aumento di capitale finalizzato a sostenere il relativamente sottile cuscinetto di capitale, e per alimentare lo sforzo di ristrutturazione.
Quest’anno l’istituto intende mantenere il coefficiente patrimoniale tra l’11% e il 12%. E martedì scorso ha reso noto che alla fine del primo trimestre il rapporto si attesta all’11,4%, invariato rispetto al quarto trimestre. Invece le spese operative totali sono diminuite del 3%, a 4,97 miliardi di franchi.
L’utile ante imposte per il business globale in Asia è calato del 46% a 251 milioni di franchi. Il private banking ha raccolto 4,3 miliardi di franchi di nuovi attivi netti, a fronte di 4,5 miliardi di franchi nello stesso periodo dello scorso anno. E Swiss Universal Bank, l’unità con sede in Svizzera, ha attirato 700 milioni di franchi di nuovi attivi netti per l’attività di private banking, meno della metà della somma realizzata nello stesso periodo dello scorso anno. Contrariamente, la divisione International Wealth Management, che copre i mercati al di fuori dell’Asia e della Svizzera, ha riportato 5,4 miliardi di franchi in nuovi attivi netti, da confrontare con i deflussi registrati nello stesso periodo dello scorso anno.
L’utile ante imposte di Swiss Universal Bank , che ha in cantiere un’offerta pubblica iniziale parziale entro la fine del prossimo anno, è risultato piatto rispetto allo scorso anno con 426 milioni di franchi. I ricavi netti del business sono scivolati del 2%. Viceversa, International Wealth Management ha macinato un aumento del 3% nell’utile ante imposte per il trimestre e il fatturato netto ha avuto un incremento del 4%.